Cosa cambia nel trattamento del tumore polmonare non a piccole cellule.

Degli studi presentati durante il congresso ESMO, tenutosi a Madrid dal 8 al 12 settembre, due sono quelli i cui risultati potrebbero presto modificare la pratica clinica, gli studi FLAURA e PACIFIC.
FLAURA
Lo studio FLAURA è uno studio di fase III che ha confrontato l’efficacia di gefitinib e erlotinib con osimertinib. Gefitinib ed erlotinib sono inibitori del dominio tirosino-chinasico del gene EGFR di I generazione. Inibiscono le mutazioni sensibilizzanti a carico del dominio tirosino-chinasico del gene EGFR, determinano una percentuale di risposte obiettive di circa il 70% e una sopravvivenza libera da progressione di circa 10 mesi. Non superano, però, la barriera ematoencefalica e si associano a un elevato rischio di recidive cerebrali. Osimertinib, invece, è un farmaco attivo sia nei confronti delle mutazioni sensibilizzanti del gene EGFR, che della mutazione T790M, una mutazione secondaria che si sviluppa in circa il 50% dei pazienti in trattamento con inibitori EGFR di I e II generazione e che è responsabile della resistenza a erlotinib e gefitinib.
Lo studio FLAURA è stato condotto in 556 pazienti con diagnosi di adenocarcinoma polmonare e con mutazione del gene EGFR, naive a precedenti trattamenti. Obiettivo principale dello studio era dimostrare un incremento di 4 mesi della sopravvivenza libera da progressione nei pazienti sottoposti a terapia con osimertinib rispetto a quelli trattati con gefitinib e erlotinib. I risultati hanno dimostrato un vantaggio netto di osimertinib, con un incremento della sopravvivenza libera da progressione di 8 mesi. Il vantaggio è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti, inclusi quelli con metastasi cerebrali. I risultati sulla sopravvivenza globale non sono ancora maturi, sebbene quelli preliminari suggeriscano la superiorità di osimertinib, con una riduzione del rischio di morte del 37%. Osimertinib è risultato, inoltre, meglio tollerato, con una percentuale inferiore di effetti collaterali.
Attualmente osimertinib è utilizzato per il trattamento dei pazienti con adenocarcinoma polmonare e mutazione del gene EGFR, che sviluppano, al momento della progressione a inibitori EGFR di I e II generazione, la mutazione di resistenza T790M.
Sulla base dei risultati dello studio FLAURA, osimertinib potrebbe diventare il nuovo standard di I linea. Ci sono alcune considerazioni da fare. Dobbiamo aspettare i risultati maturi della sopravvivenza globale, per capire il vantaggio dell’utilizzo di osimertinib in I linea, rispetto ad una strategia in cui utilizzarlo alla progressione a gefitinib e erlotinib. Vista l’efficacia dimostrata da osimertinib di oltrepassare la barriera emato-encefalica, potrebbe diventare in futuro la terapia di scelta per i pazienti con localizzazioni cerebrali. Restano, infine, da caratterizzare i meccanismi molecolari di resistenza che si sviluppano dopo terapia con osimertinib. Alcuni di questi meccanismi si conoscono già. Ci sono dati preclinici e clinici che dimostrano, in alcuni casi, una sensibilità a gefitinib e erlotinib dopo trattamento con osiemrtinib.
Lo studio FLAURA è la dimostrazione di come possa cambiare lo scenario terapeutico grazie al miglioramento delle conoscenze biologiche.
PACIFIC
Lo studio PACIFIC, invece, è uno studio di fase III, condotto in pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in stadio III, ma non suscettibili di intervento chirurgico. Circa 1/3 dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule presenta alla diagnosi una malattia in stadio III. La terapia standard è rappresentata dalla chemio radioterapia concomitante o sequenziale. In alcuni casi i pazienti possono essere suscettibili di intervento chirurgico, in altri casi no.
La sopravvivenza libera da progressione mediana dei trattamenti chemio radiotecnici è di circa 8-10 mesi e solo il 15% dei pazienti sono vivi a 5 anni. Lo studio PACIFIC è stato disegnato per valutare il beneficio dell’aggiunta di durvalumab, un farmaco immunoterapico, dopo il trattamento chemio radioterapico. 713 pazienti sono stati randomizzati alla fine della chemio radioterapia tra durvalumab o i soli controlli.
Obiettivo principale dello studio era dimostrare il vantaggio di durvalumab in termini di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale. I risultati dimostrano un vantaggio statisticamente significativo di durvalumab in termini di sopravvivenza libera da progressione, con una mediana di 16.8 mesi rispetto a 5.6. Il vantaggio è risultato indipendente dall’espressione di PD-L1, un marcatore utilizzato routinariamente in clinica per identificare i pazienti che possono beneficiare dell’immunoterapia. I risultati sulla sopravvivenza globale non sono ancora maturi. Durvalumab, inoltre, non aumenta in maniera significativa gli effetti collaterali.
Sulla base di questi dati durvalumab potrebbe diventare lo standard terapeutico nei pazienti in stadio III dopo un trattamento chemio e radioterapico.
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IRCCS Istituto di Candiolo, Torino
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